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Inchiesta

Gasometri: sentinelle scomparse della rivoluzione industriale monegasca

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Vista dall'alto dei gasometri, ripresa dalla Rocca nel 1961 © Fausto Picedi - IAM

Per un secolo, tre giganti di metallo hanno dominato il quartiere di La Condamine. La storia di una rivoluzione industriale in miniatura, tra modernità e nostalgia, in un Principato alla perenne ricerca di grandezza.

C’era un tempo in cui Monaco odorava di gas di città. Un tempo in cui tre colossi cilindrici si ergevano sulle rive del Mediterraneo, testimoni silenziosi di una rivoluzione energetica che stava trasformando l’Europa. Tra il 1866 e il 1964, i gasometri di La Condamine hanno illuminato il Principato, accompagnandone la metamorfosi turistica, per poi scomparire nell’indifferenza generale. Ripercorriamo la storia poco conosciuta di queste sentinelle dell’energia.

L’audacia di un Principato in divenire

L’anno è il 1864. Le città di tutta Europa iniziano a illuminarsi. Parigi, Londra e Berlino scoprono le meraviglie dell’illuminazione a gas, una tecnologia rivoluzionaria basata sulla distillazione del carbone che trasforma la notte in luce urbana. Le passeggiate notturne si moltiplicano, la sicurezza migliora e il commercio fiorisce. Monaco, un coriandolo mediterraneo che stava ancora lottando per trovare il suo posto sulla mappa europea, capì la posta in gioco: per attirare i viaggiatori, doveva brillare.

“Ora che tutto è pronto nel Principato per l’illuminazione a gas, i nostri lettori troveranno interessante il breve resoconto dell’installazione di questo sistema di illuminazione a Parigi”, scrive il Journal officiel del 16 luglio 1865. Dietro queste parole si nasconde un’ambizione: fare di Monaco un modello di modernità.

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La Société des Bains de Mer, istituzione che già allora plasmava il destino del Principato, nel 1863 si vide affidare un incarico di grande portata. “Il suo contratto di concessione la impegna non solo a fornire gas al Governo per l’illuminazione degli edifici demaniali, ma anche ad alimentare i privati per le loro esigenze domestiche”, spiega Charlotte Lubert, responsabile del patrimonio della SBM. Un compito che va ben oltre la semplice illuminazione: si tratta di costruire le fondamenta energetiche di una nazione.

Le prime luci

Nel giugno 1864 il progetto prende forma. Ai piedi del Fort Antoine sorgerà un impianto per la produzione di gas, collegato da “una robusta conduttura lunga quasi 400 metri”* al primo gasometro, situato in fondo all’Avenue du Port. L’infrastruttura industriale si adatta così alla conformazione geografica di Monaco, un territorio piccolo che richiede ingegno.

Il 4 gennaio 1866 è una data che entrerà nella storia dell’energia monegasca. Quel giorno, il signor Marchessaux, il cui nome è stato conservato nella Gazzetta Ufficiale n. 0395 del 7 gennaio 1866, accese per la prima volta i forni della centrale a gas. Un mese dopo, a febbraio, l’inaugurazione ufficiale dell’illuminazione a gas trasformò Monaco in una vetrina della modernità mediterranea.

Fotografia scattata intorno al 1872-1874 © IAM - DR
Fotografia scattata intorno al 1872-1874 © IAM – DR

Monaco cresceva, la popolazione aumentava e il fabbisogno energetico era in esplosione. La domanda superò rapidamente la capacità del primo gasometro. Nel 1872 e nel 1880 furono costruiti due nuovi gasometri telescopici, destinati ad “alimentare i bruciatori di gas installati a La Condamine e a Les Moulins”*. Il Principato si attrezzò con metodo, con il rigore che caratterizza le piccole nazioni costrette all’efficienza.

Questa fotografia, scattata all’inizio degli anni Settanta dell’Ottocento (1872-1874 circa) e conservata negli archivi dell’Istituto Audiovisivo di Monaco, cattura quest’epoca pionieristica con la precisione di un documento storico. Questa veduta generale di Monte-Carlo e La Condamine rivela un paesaggio in piena trasformazione: al centro, il Port Hercule e la sua tradizionale attività marittima; a sinistra, il fiorente quartiere di Monte-Carlo con l’hotel Beau-Rivage, simbolo dell’emergente turismo di lusso; in alto, il casinò e la sua linea ferroviaria, promessa di fortuna e facile accesso. In basso a destra, i gasometri.

  • * estratti dal libro Monaco aux derniers temps de la marine à voiles, Claude Vaccarezza (2002)

Lo sviluppo industriale

Con una capacità totale di 10.200 metri cubi, questi giganti di metallo, “dipinti di chiaro per non deturpare troppo il paesaggio”, testimoniano una preoccupazione singolare. Monaco stava già dimostrando l’ossessione per l’estetica che sarebbe poi diventata il suo marchio di fabbrica. Industriale, sì, ma senza rinunciare al bello. Moderna, sicuramente, ma sempre armoniosa. In seguito, questi gasometri torneranno alla loro tonalità grigia, come se il Principato avesse accettato la loro presenza utilitaristica.

Il gasometro telescopico è un grande serbatoio cilindrico la cui campana metallica, formata da diversi segmenti incastrati tra loro, si alza e si abbassa come un telescopio per immagazzinare gas a pressione costante © Coll. Borro / IAM
Il gasometro telescopico è un grande serbatoio cilindrico la cui campana metallica, formata da diversi segmenti incastrati tra loro, si alza e si abbassa come un telescopio per immagazzinare gas a pressione costante © Coll. Borro / IAM

La fotografia del 1910 cattura il periodo di massimo splendore di quest’epoca industriale. Questa veduta, scattata dal Rocher su La Condamine, rivela un paesaggio urbano perfettamente organizzato. A sinistra, i gasometri con i numeri “373 e 742”, che indicano la quantità di gas immagazzinata. In lontananza, il monumento che il popolo monegasco ha consegnato al Principe Alberto I in occasione del suo giubileo ricorda che questa modernità industriale è fiorita sotto l’egida di una monarchia illuminata.

Dietro le quinte di questo sistema ben oliato, all’interno della fabbrica di gas, le tubature fornivano il fluido ai gasometri prima che iniziasse la distribuzione alla città. L’immagine del 1911 ritrae anche i capisquadra Bussier e Félix Martini orgogliosamente in posa davanti ai tubi.

Nell'officina del gas nel 1911 © Coll. Borro / IAM
Nell’officina del gas nel 1911 © Coll. Borro / IAM

Le prime preoccupazioni

I ruggenti anni ’20 portano con sé qualche turbolenza. Nel novembre 1924, la SBM, a fronte di continue lamentele, richiede la consulenza della Société du Gaz de Paris. Henri Laurain, direttore dei servizi tecnici di quest’ultima, diventa ingegnere consulente della Gaz de Monaco. Charlotte Lubert, attuale responsabile del patrimonio della SBM, riferisce che nel gennaio 1925 Laurain presenta una relazione dettagliata dei suoi risultati in quattro capitoli, una diagnosi minuziosa di un sistema energetico che mostra i suoi limiti.

Nel 1927, Henri Laurain presentò le sue conclusioni, raccomandando la costruzione di un nuovo impianto di gas a Fontvieille, nonché importanti modifiche all’impianto esistente di Fort Antoine. Una fotografia, scattata lo stesso anno, offre uno scorcio di questa infrastruttura. La prospettiva marittima rivela l’integrazione di questi impianti nel paesaggio costiero, ma anche il loro crescente isolamento in un Principato che già guarda ad altri orizzonti energetici. Dopo circa quarant’anni di coesistenza pacifica – la Société Monégasque d’Électricité (SME) è stata fondata nel 1890 – l’elettricità inizia a prendere il posto del gas, come accade anche nelle grandi città europee come Parigi.

Vista del porto nel 1910 © Archives Monte-Carlo SBM
Vista del porto nel 1910 © Archives Monte-Carlo SBM
Vista dal mare nel 1927 © Archives de Monte-Carlo SBM
Vista dal mare nel 1927 © Archives de Monte-Carlo SBM

Allo stesso tempo, Monaco instaura un nuovo rapporto con lo spazio urbano. Con una svolta inaspettata, i gazometri diventano un punto di riferimento nella geografia del nuovo sport automobilistico: nel 1929, il primo Gran Premio trasforma le strade del Principato in un circuito. Il tracciato prevede una curva a gomito chiamata “la curva del Gasometro”.

Il 1° ottobre 1936 segna una svolta importante. Quel giorno, la SBM cede al Governo monegasco una serie di servizi di cui fino ad allora era responsabile, ovvero quelli relativi alla rete fognaria, all’approvvigionamento idrico, al gas, alla stampa e alle strade. Lo Stato monegasco riprende il controllo delle sue infrastrutture vitali, segno di maturità politica e tecnica.

La curva del gasometro nel 1935 © Archives Monte-Carlo SBM
La curva del gasometro nel 1935 © Archives Monte-Carlo SBM

Il crepuscolo dei giganti

La Seconda Guerra Mondiale accelera i cambiamenti. Nel 1944, gli impianti del gas subiscono gravi danni, ma vengono rapidamente riparati dalla SMEG. Una prova che apre una riflessione più profonda sul futuro energetico del Principato. Nel 1952, un accordo tripartito (Stato monegasco, Gaz de France, Société Monégasque du Gaz) sancisce il destino dei gasometri: la graduale eliminazione della produzione locale di gas. Monaco, così, entra nell’era della dipendenza energetica dichiarata, importando ormai il gas cittadino da Nizza.

La chiusura della fabbrica del gas nel 1954 segna una tappa simbolica. I gasometri perdono la loro ragion d’essere industriale, diventando semplici serbatoi in un sistema energetico delocalizzato.

L'arrivo di Grace Kelly la mattina del 12 aprile 1956 © Louis Perrottet - IAM
L’arrivo di Grace Kelly la mattina del 12 aprile 1956 © Louis Perrottet – IAM

Nel 1956, un ultimo sussulto resterà impresso nell’eternità, l’ultimo momento di gloria in cui la piccola storia e la grande storia si sono incontrate. Il 12 aprile 1956, alle 9:30, “Madame Grace Patricia Kelly, i suoi genitori e i suoi ospiti, partiti da New York il 4 aprile a bordo del transatlantico Constitution, sono arrivati nella rada di Monaco (…) A bordo del Deo Juvante II, di cui lui stesso comandava la manovra, S.A.S. il Principe Sovrano è andato incontro alla sua fidanzata”, riporta il Journal officiel del 16 aprile. Sul molo sud del Port Hercule, da un edificio in costruzione, la folla attende l’arrivo di Grace Kelly dagli Stati Uniti sotto l’imponente struttura dei gasometri. Il vecchio mondo industriale contempla l’avvento del glamour hollywoodiano, mentre le bandiere americane e monegasche sventolano in un cielo carico di promesse.

L’ultima fotografia dei gasometri risale al 1961. L’edificio dell’officina del gas è stato demolito quattro anni fa, vittima del cambiamento urbano e tecnologico. Nel dibattito del Consiglio nazionale del 31 dicembre 1964 si fa timidamente riferimento al budget per “lo spostamento dei gasometri”, adducendo come motivazione lo spazio abitativo. Un anno dopo, nel 1965, Charles Bernasconi chiede: “È sul vecchio terreno dei gasometri che dovete costruire questo edificio?” La formula riportata nel verbale rivela l’evidenza: i gasometri appartengono già al passato.

Vista dall'alto dei gasometri, ripresa dalla Rocca nel 1961 © Fausto Picedi - IAM
Vista dall’alto dei gasometri, ripresa dalla Rocca nel 1961 © Fausto Picedi – IAM

L’epilogo

L’unica traccia che rimane è nella memoria degli appassionati di F1, grazie a questa curva emblematica del circuito. Nel 1972, Jean-Pierre Beltoise vi conquistò l’unica vittoria della sua carriera al termine dell’ultima gara disputata nella “curva del Gasometro”. L’anno successivo, il tracciato fu modificato a seguito di importanti lavori di ristrutturazione del porto: la vecchia curva lasciò il posto a un nuovo ingresso ai box e all’attuale sequenza che comprende la curva Antony Noghès e il passaggio davanti a La Rascasse.

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Cosa resta dei gasometri di La Condamine? Un nome nella toponomastica automobilistica, alcune fotografie ingiallite, il ricordo di un’epoca in cui Monaco osava con l’industria. Questi giganti di metallo hanno accompagnato la trasformazione di un Principato di pescatori in un laboratorio del turismo di lusso. Hanno illuminato i primi passi della modernità monegasca, prima di scomparire per le esigenze dell’urbanistica contemporanea.

La loro scomparsa illustra perfettamente l’arte monegasca della metamorfosi: saper abbandonare il vecchio senza rinnegare l’audacia che lo aveva ispirato, accogliere il nuovo senza perdere l’anima del luogo. I gasometri di La Condamine, testimoni di un sogno industriale e turistico, ricordano che il Principato di oggi è stato costruito su fondamenta ben più sobrie di quanto il suo sfarzo lasci supporre.