Analisi

Smart working a Monaco: cosa devono sapere aziende e dipendenti

L'explosion du recours à la visioconférence dans le secteur tertiaire a profondément transformé les modes de travail vers une hybridation du présentiel et du distanciel © Anna Shvets - Pexels
L'esplosione delle video call nel settore terziario ha profondamente trasformato le modalità di lavoro verso un ibrido tra presenza fisica e smart working© Anna Shvets - Pexels

Per via della sua posizione geografica e dell’afflusso di lavoratori frontalieri, il telelavoro nel Principato segue regole specifiche. Sophie Marquet, avvocata associata presso CMS Monaco, spiega a Monaco Tribune questo sistema ormai pienamente consolidato.

Un quadro giuridico che precede la pandemia

Alla fine del 2024, secondo l’IMSEE, 6.773 dipendenti lavoravano in smart working nel Principato, contro appena 600 del 2017. Una crescita spettacolare spiegata tanto dalle passate restrizioni sanitarie quanto dalla ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale.

Già nel luglio 2016, la legge n. 1.429 e il suo decreto di attuazione (n. 2016-425) avevano gettato le basi di questa modalità organizzativa. “All’epoca, erano poche le aziende che ricorrevano al telelavoro”, riconosce Sophie Marquet, che sottolinea però come la pandemia abbia provocato “un ricorso massiccio al lavoro a distanza in un primo momento, prima che le aziende potessero organizzarsi per applicare il dispositivo legale che disciplina la pratica del telelavoro”.

Sophie Marquet, avocate associée chez CMS Monaco, spécialisée en droit social © CMS Monaco
Sophie Marquet, avvocata associata presso CMS Monaco, specializzata in diritto del lavoro © CMS Monaco

Specificità monegasche da non sottovalutare

Sebbene il sistema monegasco presenti similitudini con quello francese (carattere volontario e consensuale, parità di trattamento e di diritti tra telelavoratori e lavoratori in sede), esistono alcune differenze fondamentali.

Prima particolarità: l’obbligo di formalizzare il telelavoro in un’appendice al contratto di lavoro. “A Monaco è assolutamente obbligatorio”, insiste Sophie Marquet. “Questa esigenza deriva in particolare dalla necessità di documentare con precisione le condizioni in cui un dipendente lavora da un altro territorio per un’azienda monegasca, anche per garantire il corretto riparto delle contribuzioni sociali tra gli Stati”.

Seconda specificità: il telelavoro non può superare i due terzi dell’orario settimanale. “Tre giorni a settimana sono piuttosto l’eccezione. Nella maggior parte dei casi, la media va da uno a due giorni”, precisa l’avvocata.

Infine, il luogo da cui si lavora a distanza deve essere indicato chiaramente nel contratto. Esclusi gli spostamenti professionali, niente smart working un giorno da Nizza e il successivo da Sanremo.

La questione cruciale dei frontalieri

Su un territorio di due chilometri quadrati dove risiedono pochi lavoratori, lo smart working riguarda soprattutto dipendenti domiciliati in Francia o in Italia, sebbene sia accessibile anche ai residenti monegaschi. Nel maggio 2021, il Principato e l’Italia hanno firmato un accordo che apre il telelavoro ai residenti italiani, entrato in vigore tre anni dopo, nel 2024. A volte considerato dalle aziende come una soluzione ai problemi di trasporto che Monaco conosce bene, il caso transfrontaliero richiede comunque un’attenzione particolare in materia di contributi sociali e fiscalità.

Il Governo monegasco lancia una guida pratica contro le molestie sul lavoro

Il sistema monegasco si basa su convenzioni bilaterali relative alle contribuzioni sociali nel quadro del lavoro: l’appendice n. 6 alla convenzione franco-monegasca del 1952 e l’appendice del 2021 alla convenzione italo-monegasca del 1982. Questi accordi consentono il mantenimento dell’affiliazione alle casse sociali monegasche purché il quadro legale sia rispettato.

Sophie Marquet richiama inoltre l’attenzione sulla valutazione del rischio fiscale legato al telelavoro, che deve essere effettuata dai datori di lavoro per definire i casi in cui ricorrere allo smart working: “Il datore di lavoro monegasco deve valutare le condizioni per la realizzazione di un’organizzazione stabile all’estero. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’attività è realmente svolta a Monaco da un’azienda monegasca, anche se con dipendenti in telelavoro. Ma un eventuale collegamento fiscale alla Francia o all’Italia, per esempio, deve essere considerato”. L’analisi preliminare delle funzioni telelavorabili è dunque essenziale.

Una pratica che si consolida

A differenza di altri Paesi, come gli Stati Uniti, dove persino i giganti della tecnologia – un tempo promotori della modalità ibrida – stanno facendo un passo indietro, Monaco sembra aver stabilizzato il ricorso allo smart working. “Non ho assistito clienti che volessero eliminare il telelavoro. Anzi, siamo piuttosto in una fase di consolidamento”, osserva Sophie Marquet. Le aziende continuano a regolarizzare i propri sistemi, passando dal lavoro a distanza informale al quadro legale strutturato.

6 773 salariés pratiquaient le télétravail en Principauté selon l'IMSEE en 2024 © Pexels - Julia M Cameron
6 773 salariés pratiquaient le télétravail en Principauté selon l’IMSEE en 2024 © Pexels – Julia M Cameron

Alcuni consigli per un’adozione strutturata

  • Per le aziende, Sophie Marquet raccomanda innanzitutto di “valutare le esigenze dell’attività e le funzioni per le quali il telelavoro è possibile”. Insiste sull’importanza di definire un quadro il più flessibile possibile, così da offrire margine di manovra ed evitare condizioni troppo restrittive. Il dispositivo dovrà poi essere presentato ai delegati del personale e omologato dalla Direzione del Lavoro.
  • Per i dipendenti, l’attenzione deve concentrarsi sull’appendice al contratto, che deve definire con precisione le condizioni del lavoro da casa, le fasce orarie e le modalità di reversibilità. “Anche qui la redazione è fondamentale, per assicurare che copra tutti i diritti e gli obblighi delle due parti, i requisiti di sicurezza, soprattutto dei dati professionali, e al tempo stesso la tutela della vita privata del dipendente nel suo nuovo ambiente di lavoro”.

Oltre agli aspetti giuridici, la sfida consiste anche nel mantenere la dinamica collettiva dell’azienda e nel combinare i vantaggi individuali dello smart working con l’indispensabile creatività e produttività condivisa. Per riuscirci, azienda e dipendente devono necessariamente distinguere i compiti che possono essere svolti a distanza dalle missioni che richiedono le interazioni sociali tipiche del lavoro in team.