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Reportage

TESTIMONIANZE. Come affrontano i ristoratori le nuove restrizioni?

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Monaco Tribune / Benoît Sorre

Alcuni si adattano e resistono, ma altri hanno visto la loro passione trasformarsi in un inferno.

Il settore vive una situazione precaria fin dall’inizio della crisi sanitaria. Chiusure, riaperture, accessi con restrizioni: i ristoratori non sanno più che pesci pigliare, né dove sbattere la testa. Per alleggerire il fardello finanziario di questa categoria, le autorità monegasche hanno istituito la gratuità dell’occupazione del suolo pubblico da gennaio. Non è forse una misera compensazione per strutture in grave difficoltà?

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“Sono indebitata fino al collo. Il fatto che si possano mettere tavoli all’esterno gratuitamente è una misura positiva, certamente, ma la chiedevamo già un anno fa” confida una ristoratrice del quartiere La Condamine. Anche altre testimonianze sono fataliste e lanciano l’allarme, addirittura molti non vogliono nemmeno più esprimere la propria opinione sull’argomento e questo la dice lunga sulla situazione. Come se non bastasse, si sono aggiunti i controlli per il pass sanitario.

Una nuova abitudine da inserire nella routine

Al Larvotto, nel complesso recentemente rinnovato, il locale La Note Bleue ha messo in piedi uno straordinario sistema ormai ben rodato. “Tutti collaborano, pensavamo che sarebbe stato molto più complicato” ci conferma uno dei responsabili. “Ovviamente c’è un po’ di attesa al momento dell’accoglienza ma nel complesso non è un lavoro sovrumano.”

Questo grazie a una preparazione preventiva dei clienti effettuata al momento della prenotazione: “Chiediamo di preparare i documenti necessari: un documento che attesta la residenza o l’attività professionale monegasca, un test PCR negativo effettuato nelle ultime 48 ore o un pass sanitario valido”. Inoltre, i consumatori si stanno gradualmente abituando a questa nuova condizione: “Le persone non oppongono resistenza, in genere tutti hanno il pass.”

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Commercianti sull’orlo del baratro

Torniamo al quartiere La Condamine dove l’aria che si respira è diametralmente opposta. “Ormai non sono più un ristoratore, la mia attività principale è diventata controllare la gente. Ci vogliono cinque minuti per far accomodare un cliente ed è complicato gestire tutti i pass sanitari: un messicano con un foglio senza QR code, un egiziano con un documento scritto in arabo da decifrare.” Tutto questo disagio è necessario e obbligatorio: i ristoratori sono sottoposti a controlli da due a tre volte a settimana e vivono nel timore di una chiusura amministrativa dell’attività.

“Noi lavoriamo grazie ai clienti abituali, alla gente del quartiere. Molti mi hanno già avvisata: mi dispiace ma dal 23 non verremo più” racconta una ristoratrice. Il 23 agosto è la data in cui verrà esteso a tutti l’obbligo del pass sanitario. E a questo proposito, l’incomprensione regna sovrana in questa zona della città: “Non capisco le persone che prendono queste decisioni, sono sconnesse dalla realtà.” Questo è dovuto soprattutto alla mancanza di personale. Il gestore di un bar-ristorante, che non sa più come uscirne, specifica: “Dovrei assumere qualcuno a tempo pieno per occuparsi dei controlli, ma non me lo posso permettere”.

Prima di lasciarci, la nostra ristoratrice si lancia in un discorso struggente: “Non ne posso più. La ristorazione era la mia passione, ora è un inferno. Non obbligherò mai il mio personale a vaccinarsi. Se a settembre dovremo chiudere per questo motivo, chiuderemo. Ormai sono arrivata a questo punto.” Questo è un forte segnale d’allarme.

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