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Jean-Louis Grinda: “L’opera non è solo una passione. È il mio grande amore”.

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Gilles Leimdorfer - Interlinks image

Tra ricordi e progetti, l’attuale direttore dell’Opera di Monte-Carlo, che lascerà il suo incarico tra pochi mesi, ha condiviso con noi la sua carriera ricca di sfide ed emozioni.

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È nel suo ufficio, proprio accanto all’incantevole Salle Garnier, che incontriamo Jean-Louis Grinda. A partire da gennaio 2023, dopo quindici anni di fedele servizio, il direttore dell’Opera di Monte Carlo lascerà il posto alla mezzosoprano italiana Cecilia Bartoli. È l’occasione per il direttore di scena monegasco di ripercorrere una vita fatta di musica e arte.

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Jean-Louis Grinda e Cecilia Bartoli – © Marco Borrelli

Jean-Louis Grinda non sembrava inizialmente destinato alla carriera musicale: “Ho iniziato l’università studiando economia e diritto. Nonostante gli studi procedessero molto bene, ho voluto abbandonare per andare a lavorare come tirocinante non retribuito all’Opera di Avignone”.

Una decisione che ha comunque un senso, visto che il ragazzo è cresciuto in una famiglia di artisti: “Sono nato in una famiglia che viveva di opera lirica: mi ci sono ritrovato dentro già da bambino, per così dire. Mio padre era un baritono e ha fatto il regista d’opera per gran parte della sua vita. Mia madre ha iniziato come ballerina classica, poi è passata al canto. Il primo cantante della famiglia, di linea ininterrotta, risale al 1860! Sono l’unico a non aver mai cantato, ma sono un direttore di scena: è un modo di vivere, una famiglia di artisti.”

Padre di quattro figli, Jean-Louis Grinda vuole soprattutto incoraggiarli a fare ciò che desiderano nella vita. Ma nessuno si è spinto troppo lontano dall’arte: il figlio maggiore suona la chitarra, il secondo suona il pianoforte e le due figlie suonano l’arpa.

Dopo questo primo stage, nel 1982, ad appena 21 anni, Jean-Louis Grinda diventa segretario artistico sempre dell’Opera di Avignone, per poi ottenere lo stesso incarico al Chorégies d’Orange. “Nel 1984 sono diventato direttore di produzione presso il Ministero della Cultura, poi sono stato nominato direttore del Grand Théâtre de Reims. Sono quarant’anni che ricopro ruoli dirigenziali, il che non mi fa sentire molto giovane”, scherza.

Divenuto direttore dell’Opéra Royal de Wallonie di Liegi nel 1996, lascia il posto dieci anni dopo per assumere la direzione dell’Opera di Monte-Carlo nel 2007. In parallelo, dal 2018 è anche direttore della Chorégies d’Orange. Una carriera ricca e impegnativa, a cui, dal 2013, si aggiunge il suo ruolo di Consigliere nazionale del gruppo Union Monégasque.

Cavaliere dell’Ordine del Merito Culturale a Monaco, delle Arti e delle Lettere in Francia e dell’Ordine di Leopoldo in Belgio, Jean-Louis Grinda è anche Presidente della Commissione per il monitoraggio del fondo di riserva costituzionale e la modernizzazione dei conti pubblici nell’emiciclo.

Mentre molti di noi esiterebbero prima di accettare così tante responsabilità, per Jean-Louis Grinda l’esitazione è raramente un’opzione: “Mi piace cogliere le opportunità quando si presentano. E visto che la paura non fa parte del mio solito repertorio, mi butto a capofitto! È così che ho iniziato a fare il direttore di scena, tra l’altro. Mi ci sono voluti tre minuti in un taxi a Parigi per prendere questa decisione, nonostante fossi già direttore”, racconta.

Promuovere l’Opera di Monte-Carlo sulla scena internazionale

Quando gli abbiamo chiesto quale fosse stata la sua sfida più grande a Monte Carlo, non riusciva a scegliere: “Ogni stagione, ogni spettacolo è una sfida. Ma il risultato più importante è senza dubbio la fondazione dei Musiciens du Prince nel 2016. È una cosa che non fa mai nessuno. Credo che non ci sia stato neanche un direttore d’opera al mondo, negli ultimi decenni, che abbia fondato una nuova orchestra con un successo così istantaneo, immediato, internazionale e anche finanziario. Nel 2015 ho incontrato Cecilia Bartoli e ne abbiamo parlato. Il Sovrano, la Principessa Carolina e il Governo hanno accettato immediatamente: tutti hanno colto l’opportunità”.

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Cecilia Bartoli e i Musicisti del Principe – © 2020 – Alain Hanel – OMC

“Non posso fare a meno di credere che l’Opera di Monte Carlo sia cresciuta sotto la mia direzione, non solo grazie ai Musiciens du Prince, ma anche con le nostre produzioni. Tutti i nostri spettacoli vanno in tournée e vengono replicati in molte città. Per esempio, mentre parliamo, il mio assistente è a Hong Kong per le prove de La Traviata. Nonostante il nostro staff sia molto ristretto, abbiamo spettacoli che vanno in scena in Australia, negli Stati Uniti, in Germania, in Inghilterra, in Italia”.

Dopo quindici anni in cui ha contribuito alla diffusione culturale internazionale dell’Opera di Monte-Carlo e, di riflesso, del Principato, Jean-Louis Grinda ha perso il conto dei bei ricordi. Uno di questi, tuttavia, è rimasto particolarmente impresso nella sua mente: “Tre anni fa ero a Napoli, per mettere in scena la mia produzione de I racconti di Hoffmann. Nello stesso periodo, Cecilia Bartoli e i Musiciens du Prince tenevano il loro primo concerto in assoluto a Napoli, al Teatro San Carlo. Nel bel mezzo delle mie prove, abbiamo liberato il palco per loro e abbiamo assistito al concerto. Il teatro era pieno, Cecilia ha tenuto un concerto che è andato avanti all’infinito e ha cantato meravigliosamente.

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Per la prima volta, Cecilia Bartoli si è esibita al Teatro San Carlo di Napoli con i Musiciens du Prince – © 2019 – Francesco Squeglia

Alla fine, ha fatto almeno sei o sette “bis”, e ha cantato canzoni napoletane, con l’accento, le parole e il fraseggio napoletani. Al termine di una delle sue canzoni, alla fine degli applausi, una vocina dall’alto disse: “Cecilia, continua a farci sognare”. È una delle frasi che mi è rimasta più impressa nella mia carriera: era la mia orchestra, la “mia” artista, e quando senti cose del genere ti dici “è per questo che lavoriamo”. Lavoriamo per le persone che sono in cerca di emozioni”.

I teatri dovrebbero essere gestiti da artisti: solo un artista sa fino a che punto spingersi

Emozioni, più e meno forti, che Jean-Louis Grinda ha sempre voluto inserire nelle sue produzioni. Il direttore di scena è particolarmente affezionato alla sua versione del Falstaff di Giuseppe Verdi, un’opera comica che definisce come “uno dei suoi successi”. Oppure a Lady Macbeth del distretto di Mzensk, di Dmitri Shostakovich, che non ha messo in scena lui ma che ha presentato a Monte Carlo. “Ho cercato di proporre opere che non erano mai state rappresentate prima e ho amato far conoscere al pubblico tutti questi lavori”, afferma l’artista.

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Oggi Jean-Louis Grinda guarda al futuro. Dopo quindici anni di produzioni, il direttore ha deciso di lasciare il posto a Cecilia Bartoli: “Non me l’ha chiesto nessuno, ho scelto io di lasciare l’Opera di Monte Carlo. Pensavo che dopo quindici anni mi avessero già visto abbastanza. Non si può “sequestrare” un’istituzione. A questo teatro farà bene avere qualcun altro.

L’unico consiglio che potrei dare a Cecilia è: “sii te stessa e non preoccuparti di me”. Cecilia è una donna brillante e intelligente e con una vera visione per l’Opera di Monte Carlo. Per me i teatri dovrebbero essere gestiti da artisti e non da amministratori: solo un artista sa fino a che punto spingersi. Un amministratore penserà sempre all’aspetto finanziario e pratico. Ma non conosco un solo spettatore che sia mai entrato in un teatro e abbia detto: “Ci vado perché il bilancio è in pareggio”, ci andiamo perché è interessante”.

Al Capone, Carmen… I progetti si moltiplicano

Anche se il capitolo Monte-Carlo sta per chiudersi, Jean-Louis Grinda non ha intenzione di stare con le mani in mano. In parallelo al suo incarico di direttore del Festival des Chorégies d’Orange, che intende mantenere ancora per qualche tempo, il direttore condivide con noi i suoi progetti futuri, questa volta come regista: “Sono impegnatissimo. Sto preparando un musical su Al Capone per gennaio, a Parigi, con Roberto Alagna, Bruno Pelletier e Anggun, abbiamo in programma 90 repliche al Folies Bergères. Poi sarà il turno della Carmen in, in Spagna in primavera. Sono molto felice perché mi piace fare cose diverse”.

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© 2016 – Alain Hanel – OMC

Musical, operette, opere… Jean-Louis Grinda ama diversificare e dare libero sfogo alla sua creatività. Ciononostante l’opera rimane il suo “grande amore”: “Per me non è una passione, perché una passione si può spegnere. È un amore profondo per gli artisti e per il pubblico. È per il pubblico che lavoriamo, e l’opera, quando la si ama, è l’arte che più ti porta al di fuori dalla realtà. Nessuno parla in versi e cantando nella vita. Ci si lascia trasportare per due o tre ore e si entra in un’altra dimensione emotiva. L’opera non è solo una distrazione, come può essere un programma televisivo. È un’altra cosa: porta con sé una carica emotiva inaccessibile nella vita di tutti i giorni”.

L’opera è come il calcio: è una questione di passione

Dopo 40 anni di crescita in questo ambiente carico di emozioni, Jean-Louis Grinda non ha dubbi: l’opera è una forma d’arte che attrae le nuove generazioni. “Se non fosse così, non faremmo più l’opera già da molto tempo, perché tutto il pubblico sarebbe già morto. L’opera è una forma d’arte antica di quattro secoli, eppure non ci sono mai state tante rappresentazioni al mondo come oggi. C’è l’opera in Cina, Corea, Giappone, Sudafrica, Australia, Sudamerica… C’è una sorta d’interesse globale per l’opera”.

Secondo lui, a prescindere dai preconcetti e dai luoghi comuni, l’opera non è e non deve essere riservata a una certa categoria di persone: “l’opera è come il calcio: è una questione di passione. Viaggiamo per chilometri per vedere la nostra squadra o una partita importante e paghiamo a caro prezzo il biglietto, facendo sacrifici in altri ambiti della nostra vita. I teatri sono sempre stati popolati da persone di estrazioni sociali estremamente diverse: ricchi, pezzi grossi, commercianti, impiegati o persone di modeste condizioni per cui è una passione, come il calcio.

Prendiamo Parigi, per esempio. Il PSG ha 850.000 spettatori e anche l’Opera di Parigi (Bastille e Garnier) conta 850.000 spettatori. È esattamente la stessa cosa. Ma perché questo avvenga, abbiamo bisogno di essere accattivanti, di cantanti interessanti, di star. Come per tutte le arti, è necessario poter contare su grandi nomi, anche se un cast di artisti meno noti può essere comunque eccellente. Bisogna solo trovare l’equilibrio”.

È quindi con un carico di ricordi e progetti che Jean-Louis Grinda chiude il capitolo dell’Opera di Monte-Carlo, dando così una nuova dinamica all’istituzione che, sotto l’egida di Cecilia Bartoli, annuncia una nuova stagione tanto creativa quanto promettente